L’amniocentesi è una tecnica diagnostica prenatale, utilizzata durante la gravidanza, che generalmente viene consigliata alle donne che hanno superato i 35 anni di età, poiché in questo caso aumenta la possibilità di trisomia 21, oppure viene consigliata nel caso in cui vi siano in famiglia precedenti casi di Sindrome di Down o altre patologie. L’amniocentesi è in grado di individuare, attraverso l’analisi del liquido amniotico, l’eventuale presenza di diverse patologie.
La possibilità di malattie a carico del feto è influenzata dall’età della madre, dalla salute e dalla storia medica della madre e da specifiche condizioni genetiche ereditarie. In tutti questi casi è molto probabile che il medico solleciti la richiesta di questo particolare esame. E’ ovvio che la decisione finale, di eseguirlo o meno, appartiene ai genitori del futuro nascituro, che per motivi personali, morali, etici o quant’altro potrebbero decidere di non effettuare, tenendo inoltre conto del fatto che in rari casi l’amniocentesi può portare rischi e complicanze per la gravidanza.
Attraverso questo tipo di esame si viene a conoscenza del corredo cromosomico del feto e dunque anche del sesso. Se non ci sono anomalie cromosomiche in famiglia e se non si sono superati i 35 anni di età l’amniocentesi resta un esame a pagamento, tra i 500 e i 700 euro circa, senza togliere che nelle strutture private il costo può aumentare sensibilmente.
L’amniocentesi è dunque un esame diagnostico, realizzato tramite il prelievo di una piccola quantità di liquido amniotico dall’addome materno, sotto guida ecografica; si parla di amniocentesi precoce se effettuato tra la 16° e la 18° settimana di gestazione, o di amniocentesi tardiva se eseguito dopo la 20° settimana.
L’ago del prelievo, lungo dai 10 ai 12 cm, attraversa la parete dell’addome e quella dell’utero e viene così inserito nel sacco amniotico, a esso viene collegata una siringa per prelevare circa 20 ml di liquido amniotico, che successivamente sarà sottoposto ad analisi dettagliata.
Dopo il prelievo il punto dell’addome in cui stato effettuato il buco, viene medicato e protetto con una garza. La futura mamma può tornare subito a casa, ma è consigliato il riposo quasi totale per almeno due giorni, a scopo cautelare.
Con questo tipo di diagnosi è possibile verificare o meno la presenza di anomalie fetali, come la sindrome di Down, altre anomalie cromosomiche, oppure malattie del sangue, difetti del tubo neurale e disturbi muscolo-scheletrici.
E’ indubbio che si tratti di un esame invasivo, piuttosto delicato, da eseguire con ogni accortezza; seppur il verificarsi di complicazioni sia una possibilità rara, pari all’1%, si può andare incontro a rischi tipo: aborto, infezione del liquido amniotico o una sua perdita eccessiva, oppure traumi fetali e travaglio prematuro. Nonostante la delicatezza dell’intervento l’amniocentesi è un esame che generalmente non provoca dolore, quanto piuttosto un leggero fastidio, o una sensazione di tensione nell’utero.
L’esito dell’esame è indicativamente disponibile dopo 10-20 giorni dalla data del prelievo. Qualora l’amniocentesi dia esito positivo per una delle patologie sopra citate, è possibile trattare il disturbo, come nel caso di problemi legati allo sviluppo, quando il bambino è ancora nella pancia materna, altrimenti, nel caso in cui venga diagnostica una grave anomalia, i genitori possono decidere di effettuare l’aborto terapeutico.
Chi si sottopone a questo tipo d’esame, deve, infatti, fare i conti con l’aspetto etico della vicenda, ponendosi la domanda di cosa fare in caso di esito positivo dell’esame, riguardo al futuro del nascituro, sebbene la legge preveda l’aborto non è sicuramente facile per un genitore dover scegliere di non farlo nascere.